venerdì 28 maggio 2010

Non era il caso di rinunciare

Non riuscì mai a spiegare il male che si portava dentro. Mentre cadeva a peso morto dal ponte di ferro, il ponte di un poeta, l'acido che ingerì pochi istanti prima del volo lo aveva già corroso. Esplosero le arterie, degenerarono le cellule. Volle invecchiare un'ultima volta prima di sprofondare in quelle grandi acque che nascondevano ai terrestri misteri nerissimi. Non cercò mai compassione. Parlarono molto tempo prima. Parlarono come senza voce. Si ferirono e non fu sangue. Lui ricordava il soldato senza testa che continuava a correre imbracciando il fucile. Era già morto, ma la struttura umana, per siglare defnitivamente la beffa ai suoi danni, gli permise un ultimo giro. Lei invece si rifiutò di concederglielo, anche se in preda ad un flebile senso di pietà e di rancore, culmine della disperazione, cenere di un fuoco che fu immenso. La fiammella nei suoi occhi chiari sfavillò quando lui le disse per l'ennesima volta che era sul punto di partire. Poi, si spense. Lo lasciò lì dove l'aveva trovato, in una pozzanghera che non si fece mai oceano. L'attendevano valzer in ogni luogo del mondo. Non era il caso di rinunciare.