Senza tanti giri di parole: mi è capitato di chiedere a dei politici di darmi l'opportunità di lavorare. Attenzione, nessun tentativo di giustificare il "reato". Presentarsi da un sindaco o da un capo di gabinetto, da un assessore, da qualcuno, insomma, in grado di segnalare il tuo nome al direttore di un supermercato o di sbloccare qualche soldo per un progetto che proponi, può essere un fatto normalissimo. Spesso lo è. Nel mio caso era difficile piazzare un ragazzo senza diploma e senza patente, ma non è questo il punto (il guaio). Il punto (il guaio) è che in un sistema del genere, composto da vari gestori del "cortile" (il giornalista Paolo Barnard lo chiama così) e dalle persone che vivono al di fuori di esso, molti meccanismi si ripetono, anzi, devono ripetersi affinché il cortile stesso sopravviva. Chi ha studiato sul serio mi prenderà a pernacchie, le mie sono solo semplificazioni da bar di ben altre teorie. Lo so benissimo, ma non me ne frega niente. Sono qui per raccontare la mia verità e lo faccio a modo mio. Si parla spesso di concorsi truccati, di carriere pilotate, di posti regalati a questo o a quell'amico. A me non è capitato nulla di tutto ciò. Sono rimasto a terra nonostante "ottime" conoscenze. Niente di dorato, al massimo avrei potuto pescare un contratto di tre mesi in un qualche putrido call center, una delle tombe più conosciute e frequentate dell'attuale mondo del lavoro. Ho anche avuto modo di incontrare qualcuno considerato molto potente, ma sono rimasto a bocca asciutta. "Chiedi a tuo fratello, lui può sistemarti". Perché "conosce". Se vuoi salvarti, devi conoscere. Questo succede (può succedere) nel mondo reale.