lunedì 17 ottobre 2011
Non cadono più
La scrivo così come va scritta. Forse una lettera a nessuno, più probabilmente una confessione. A breve gli anni saranno trentuno. Tre decenni senza meraviglie, un fuocherello di tanto in tanto. Nulla di duraturo. Poca serietà. In equilibrio sopra un vuoto infernale, questione di materassi. Fortuna, sedere, cabala. Malattie in buona fede, letali. Se non si fa attenzione... Scende a terra uno dei satanassi a consegnar le chiavi di una nuova prigione. Vestito per confondersi con gli altri, un uomo comune, carezza i fantasmi di domani, li vezzeggia, hanno i capelli lisci e giovani. Li sta sbranando, ha già fatto a pezzi i genitori, i figli. Adesso tocca ai nipoti. Adesso tocca a loro. La colpa è anche mia. Continuano a cadere fiori. C'è da fargli domande con una pistola alla tempia, la sua, al satanasso non si dovrebbe dare scampo. Invece se ne torna a casa, ovunque essa sia. Tranquillo, una goccia di sudore, altro che rivoluzione. Ricomincio a occuparmi delle malattie in buona fede, stupidaggini che nascondono ogni crimine terreno. Continuano a cadere fiori. Sabato si gioca, satanasso lo sa. Sarò distratto dai miei sogni infranti finiti sullo schermo, così lui potrà concentrarsi sugli ultimi omicidi. Si laverà il sangue dalle mani mentre ci guarderà morire, poi tutto sarà cenere. Un'altra birra, un altro gol. Non cade più nemmeno un fiore.