martedì 11 maggio 2010

Questione di dignità

Milioni di umani agghindati diversamente sono sbarcati quaggiù, in Terra Imperiale. Dicono di volere una vita migliore. Molti di loro consegnano le mani all'invisibile capo degli schiavi, altri sono già padroni di recinti, bestie annesse. Le manette ai polsi: d'oro, o di ferro arrugginito? Dipende dalla disponibilità. Dipende dalla voglia di far male che gira oggi. Vengono in cerca di fortuna, maschi e femmine dell'Est e degli altri posti del mondo da fuggire, da restarci solo a certe condizioni. Convinti delle libere conversazioni e del libero scambio di miserie morali e corporali che in Inghilterra, così come negli altri universi che intendono somigliarle, chiamano nei modi più svariati ma mai in quello giusto. Cercano di costruirsi un'esistenza degna di tal nome, o al massimo più tollerabile di un’altra rischiata. Cancellare il termine "prigione" dallo specchio in cui se si guarda bene sono riflessi i lupi neri di guardia. Lei non c'è. Non ha voluto continuare a trafiggermi con l'unica sua arma in grado di scavare senza sosta nella carne: il tradimento. Ecco, il tradimento ha perduto il suo pur dignitoso valore. Io stesso ho perduto il mio pur dignitoso valore nel momento esatto in cui mi sono accorto di non averne mai posseduto uno. È stata lei, con voce perduta ed equilibrata, il perentorio agire di chi ha ben chiaro ciò che non vuole, come un suono da mantenere freddo per sempre contro chi si ama, a prendersi l'ultima briga prima di svanire in un magazzino di ideali a cielo aperto, emozioni di plastica ed arte priva d'anima. Io non esisto. Io sono solo un pezzo di culo senza muscoli che ha posseduto più fortuna di quanta ne credesse. Io non cado. Non cado, perché non volo. Non cado, poiché a terra vivo e di terra mi cibo. Io sono un vigliacco senza meta, una canzone senza musica né parole che non somiglia neanche al vento e al silenzio. Io sono il nulla. Intorno a me s'agita una vaga forma di vita, nazisti dal volto umano. Predicano di leggi scritte che io non ho mai letto e predicano di leggi non scritte che io non so leggere. Larva che si è creduta talento. Ecco servita la mia fine al pubblico assente. Io sono il mio pubblico assente. Echi di tragedie soffocate da filosofie indecenti e balli tumultuosi. Di tanto in tanto getto un'occhiata fuori dalla finestra, attento a non farmi vedere dai figuranti al lavoro. Fuori come dentro è il grigiore del millennio, le caverne degli ultimi e dei benestanti. Il dormitorio del mondo, mattoni incastrati nella vecchiaia di chi non avrebbe dovuto perdere i petali, né barattarli con la carne bambina per dimostrare d’aver ancora il potere di sopraffare. Guardo attraverso i loro occhi sfiancati e ingialliti, nascosti dietro a un trucco che con me non va a segno. Sono reazionari come i loro sogni di libertà. Li guardo e mi vedo anch'io violento. Mi vedo senza spina dorsale così come sono. Mi vedo scagliarmi contro il debole e mi vedo ignorare l'usuraio. Sento le interiora incendiarsi per via di certi miei meschini affari. Resto immobile di fronte al sopruso. La vedo andare via di spalle alla mia faccia da cane lasciato per la strada un giorno senza storia. Se ne va via con la dignità che io non avrò mai.